Narcos Mexico

Hello word,

finalmente sono riuscito a trovare il tempo di finire una serie TV e di poterne parlare qui sul blog. Ho altro che bolle in pentola e presto arriverà, ho solo bisogno di inventare la giornata da 50 ore 😣

E sono felice di aprire le danze con una serie originale Netflix. Piattaforma che ho atteso per tanto tempo e, ovviamente, sono stato uno dei primissimi ad abbonarmici qui in Italia. Di recente ho comprato anche un televisore che mi permettesse di godere il 4K e l’HDR, forse un po’ più grande del previsto, ma tanto lo spazio per un televisore lo troverò sempre in casa mia.

Ma veniamo a Narcos, il protagonista di questo post. So che ormai è uscito un po’ di tempo fa ma io l’ho vista solo ora e quindi mi tocca arrivare tardi.

Narcos mi ha affascinato fin dalla prima stagione quando, all’epoca insieme a Breaking Bad e Gomorra, mi ha fiondato nell’universo del crimine organizzato che c’è dietro il mondo dello spaccio della droga. E se Pablo Escobar, protagonista delle prime due stagioni della serie, lo conoscevo solo “di fama” e il cartello di Cali (terza stagione) è stata già una novità, su Felix Gallardo e il narcotraffico messicano non potevo proprio saperne niente. Anche perché la Colombia è stata purtroppo ben più famosa terra di narcotrafficanti rispetto al Messico, ma dopo aver visto questa stagione direi che la cosa è alquanto inesatta.

Come dicevo, racconta le mirabolanti gesta di tale Miguel Àngel Félix Gallardo, detto El Padrino, il più grande narcotrafficante messicano di tutti i tempi. Lui, partendo dal basso, si mette in testa di voler riunire sotto un’unica alleanza tutti gli allora narcotrafficanti messicani. A differenza della Colombia, il Messico degli anni ’80 era specializzato nella produzione di marijuana. Félix, insieme al suo amico Rafael Caro Quintero, si presenterà agli occhi di tutti come il produttore della miglior varietà mai prodotta di marijuana. Ma questo sarà solo l’inizio. Non vi dico altro per non gustare la sorpresa di chi non l’abbia ancora visto, ma sappiate che non riuscirete proprio a immaginare come si svilupperà l’intera vicenda.

A differenza delle storie colombiane viste nelle scorse tre stagioni, qui si capisce subito che le fazioni in gioco non saranno solamente narcotrafficanti e, ancora una volta, agenti della DEA ma ci sarà una terza protagonista che pian piano verrà fuori: il governo messicano. Quest’ultimo, tra politici e poliziotti, inizialmente sarà la migliore alleata di Félix e company che, con qualche mazzetta ben piazzata, riusciranno ad ottenere praticamente campo libero per le loro azioni. E già questo vi spiazzerà in più di un occasione. Ma proprio quando Félix si sentirà più forte, il governo gli scombussolerà il progetto e no, non gli volterà semplicemente le spalle, farà ben di peggio. Tutto questo comporterà un lavoro ben più difficoltoso per gli agenti DEA che seguiranno il caso rispetto a quello che spettava ai loro colleghi impegnati in Colombia. Il tutto si tradurrà in uno spettacolo in cui le ultime 3-4 ore vorrete divorarle tutte in un colpo, come ho fatto io. E il finale, fidatevi, non riuscirete mai a indovinarlo.

Tecnicamente è ineccepibile: storia ben raccontata, con il solito narratore esterno e onnisciente che accompagna la narrazione, i personaggi messicani che parleranno solo ed esclusivamente spagnolo tra di loro e un Messico sullo sfondo che riempie occhi e orecchie in tutta la sua bellezza.

Narcos-Messico-1

La fotografia, come nelle altre stagioni, è di altissimo livello e regala scorci incredibilmente belli di natura e non. Tramonti mozzafiato in riva all’oceano, ville a due passi dal deserto e città povere ma piene di vita la fanno da padrone.

E la colonna sonora non sarà da meno. È la cosa che più mi ha colpito, in quanto è stata utilizzata in modo davvero saggio. In questa stagione i produttori si sono avvalsi delle magnifiche note di Gustavo Santaolalla, famoso compositore che ho già conosciuto e apprezzato nel videogame The Last of Us qualche anno fa. Da allora, la sua chitarra per me è riconoscibile come la voce di mia madre. Ma non si poteva ambientare una serie TV in Messico senza sfruttare ciò che questa terra, a livello musicale, ha da offrire. Ed è qui che gli sceneggiatori mi hanno sorpreso: Santaolalla ha accompagnato tutte le scene più descrittive e più intime dei vari personaggi, mentre per le scene più concitate e violente, o al termine di esse, ci sono tutte quelle musiche tipiche dei migliori mariachi messicani. L’effetto finale, inutile dirlo, è spettacolare.

Nel complesso questa quarta stagione, o spin-off che sia, mi è piaciuta da matti. Sia io che Fede concordiamo nel fatto che possa essere tranquillamente paragonabile alle prime due stagioni della serie, quelle con “Pablito” protagonista (e che qui farà un piccolo ritorno 🤫). Peccato per la terza stagione, a mio parere troppo sottotono rispetto al resto, forse c’erano troppi personaggi e troppa carne al fuoco per condensarla in sole 10 puntate.

Resta il fatto che è impressionante sapere come in un Paese che per molti di noi non è altro che meta di turismo, nasconda nella sua recente storia, fatti così incredibilmente shockanti, tra la corruzione e la criminalità dilagante. Certo Narcos resta sempre una versione romanzata dei fatti, però la base di realtà, ahimè, c’è.

Guardando il finale si resta a bocca asciutta, ma fortunatamente Netflix ci rassicura a caratteri cubitali che ci sarà una nuova stagione. E io non sto già nella pelle.

Anche questa è andata. Ora, come potete osservare nella sezione “In Questo momento”, mi sono fiondato su una nuova serie originale Netflix che pare stia ricevendo ottimi risultati e che, a giudicare dalle prime due puntate viste finora, sembrerebbe meritare: Sex Education. Cercherò quanto prima di finirla e di raccontarvela.

Un saluto a tutti e…

Stay tuned!

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