Red Dead Redemption II

Hello World,

So che è da tanto che non vi scrivo e, prima di parlare del primo videogioco del blog, vi faccio un sunto di quanto fatto in questi mesi. Tra vacanze estive, piccole opere di ristrutturazione più o meno importanti in casa e, soprattutto, il lavoro, è stato davvero dura trovare del tempo libero. Non contento ho iniziato anche ad andare in palestra ☠️). Capite bene che in tutto ciò il blog è stato messo un po’ da parte in questo periodo ma, nonostante tutto, ho continuato a passare le mie serate tra cinema, PS4, Netflix, TV e tecnologia varia e, credetemi, ognuna di queste ha una sua bozza che prima o poi prenderà vita in un bell’articolo. Nel frattempo cerco di tenere vivi almeno i miei profili social e, con mio grande stupore, sto notando che Instagram è quello che riesco ad aggiornare meglio.

Ma torniamo a noi. Qualche giorno fa, apro il mio profilo Facebook e mi trovo questo bel messaggio

Vedendolo ho pensato solo una cosa: CHE AMAREZZA! Amarezza perché è passato un anno da quando ho iniziato a giocarlo e non sono ancora riuscito a creare un bel post qui sul blog riguardante il gioco. Considerate che allora il blog non era neanche nato ma stava solo iniziando a prendere forma nella mia testa e, nel momento in cui ho deciso che avrei parlato anche di videogiochi, mi sono incaponito nel voler rispettare una regola: prima di scrivere di un videogame avrei dovuto quantomeno finire la storia principale. Oggi so che imporre questo principio dal primo post e per di più con questo gioco è stato un bell’azzardo. Azzardo di cui comunque non mi pento. Fatto sta che, dopo un anno, Red Dead Redemption II sono riuscito a completarlo 😅 Ma parlarne dopo così tanto tempo ne vale ancora la pena? Beh, ormai è chiaro che non potrò mai pubblicare in real time i miei post. Ci ho provato nei primi mesi con il cinema ed è stato comunque faticoso, quindi meglio ribadirlo una volta per tutte: i miei sono post che inseguono le novità ma non pretendono in nessun modo di arrivare primi alla pubblicazione, anzi. Preferisco parlare di un gioco dopo un anno dalla sua uscita e arrivarci per ultimo, l’importante è essere riuscito comunque a parlarne. Non sono uno scrittore né un recensore professionista, sono un appassionato di tante piccole cose e di quelle piccole cose voglio poterne parlare liberamente qui, nella mia piccola finestra sul mondo.

Ma ora bado alle ciance e iniziamo a parlare del gioco.

Red Dead Remption II è uno dei giochi che sicuramente rimarrà negli annali di questa generazione di console. Creato da Rockstar Games, la software house famosa per aver dato alla luce la fortunatissima serie di Grand Theft Auto, RDR è probabilmente la seconda opera più iconica di questi sviluppatori. Chi pensa che si tratti di un semplice GTA nel Far West si sbaglia di grosso.

Sappiate che chi scrive queste righe conosce piuttosto bene la saga di GTA ma non ha mai giocato al primo capitolo di RDR. Vi assicuro che le due serie sono piuttosto distanti l’una dall’altra. Forse la differenza maggiore non è tanto l’ambientazione quanto il ritmo di gioco: se uno è frenetico e caciarone il secondo regala dei momenti di incredibile lentezza.

Dopo aver giocato per un anno a Red Dead Redemption II per me rimarrà il gioco dalle infinite, splendide cavalcate. E badate bene, non è affatto una critica. Viviamo nell’epoca in cui ormai anche i videogiochi sono diventati rapidi, volatili ed effimeri. Devono essere intensi ma brevi, puntare tanto sull’online e offrire il fianco a N possibili seguiti. Io videogioco da una vita ma lungi dal considerarmi un giocatore seriale / professionista. Ho vissuto la mia epoca d’oro con PS3 e ci sono giochi e scene che mi rimarranno nel cuore per sempre. Le cavalcate di RDR si aggiungono a loro.

La trama (fortunatamente per me) è slegata dal primo capitolo della saga e si pone, rispetto a quest’ultima, in un periodo precedente. Siamo negli Stati Uniti a cavallo tra l’800 e il ‘900 e seguiamo le gesta di un certo Arthur Morgan e della banda cui appartiene, la gang di Dutch Van Der Linde. Dalle prime fasi di gioco apprendiamo che la banda è in fuga da Blackwater e cerca riparo tra le montagne. Il motivo della loro fuga è una rapina finita male in città e una conseguente taglia sulle loro teste. Per di più sono squattrinati, visto che il loro bottino è rimasto nascosto lì a Blackwater. Da queste premesse si apre un’epica avventura in giro per quelle che sono una fedele rappresentazione dei territori più iconici statunitensi. Si passerà dai territori di Valentine caratterizzati da immense praterie, gole e fiumi attraversate solo dall’onnipresente ferrovia alle paludi del sud, dalla “metropoli” di Saint Denis alle montagne innevate del nord. Un viaggio alla ricerca di denaro e di un posto dove potersi stabilire in tranquillità. Una storia bella e avvincente, dove il vecchio West sta lasciando sempre più spazio alla modernità e dove ogni personaggio è ben caratterizzato, ognuno con la propria storia, ognuno con il proprio carattere. Una storia che, per carità è “statica” e assolutamente uguale per tutti i giocatori, ma ben scritta, in grado di regalare continui colpi di scena. Una trama che è un continuo susseguirsi di imprevisti e cambi di rotta ma che ha, guardandola più in profondità, un perfetto filo logico e una chiara evoluzione, dove ad ogni azione c’è una reazione. E proprio quando vi sembra di essere arrivati al capolinea eccola che si riapre, a sorpresa, per regalarvi non un piccolo epilogo di qualche minuto ma una storia nella storia, di qualche ulteriore oretta di gioco. Il tempo necessario per chiudere un cerchio più ampio, per scoprire zone ancora inesplorate della mappa di gioco e per accompagnarvi, mano nella mano, verso quella che sarà la storia del primo capitolo. Eh già, perché è solo nel finale che questo secondo capitolo si lega al primo. E questo, ovviamente, mi spinge nel voler recuperare il gioco perso allora. Un Capolavoro con la C maiuscola. Una scrittura degna dei migliori sceneggiatori hollywoodiani.

E se la trama è meravigliosa di certo non si può non considerare altrettanto di livello il comparto tecnico. A partire dalla grafica che è riuscita a strizzare per bene la mia PS4 e la mia TV, tutto in HDR. Una qualità di indubbia fattura dove qualunque aspetto grafico è realizzato con una cura maniacale: luci, ombre, colori e animazioni sono un miracolo della tecnica. Lo si vede dal vento che muove l’erba e le foglie degli alberi, agli animali, le piante nonché le persone che cambiano adeguandosi alle diverse ambientazioni, agli agenti atmosferici che sanno trasformarti totalmente un posto in un altro. Ci sono stati temporali che hanno portato il buio intorno all’improvviso e in cui il rimbombo dei tuoni in cuffia è stato di un fragore incredibile. E’ ovvio che una tale complessità non sia totalmente esente da difetti. I più brutti li ho trovati sulle animazioni e il peggiore in assoluto mi è capitato nel corso di una missione. Stavo guidando un carretto e, per colpa di una manovra errata, quest’ultimo si è incastrato andando a compenetrarsi con una staccionata senza riuscire a sbloccarlo in nessun modo se non quello di chiudere e riaprire il gioco, perdendo il progresso della missione in corso. Ma ripeto, a fronte di una complessità e maestosità tale, mi sarei stupito dell’assenza di piccoli bug come questi. Sono assolutamente perdonabili e comprensibili.

Comparto tecnico che non può non citare la componente sonora. Effetti audio come quello riportato prima nonché i rumori della città o quelli della natura, come un orso o un ululato in lontananza, sono di un’accuratezza impressionante. Ma la parte del leone ovviamente la fa la colonna sonora. Una compagna costante delle cavalcate di cui sopra, che aiuta a immergere il giocatore nel pieno di quello che è l’immaginario comune del Far West. Musica che si trasforma in vere e proprie canzoni nelle scene più importanti della storia, tutte ovviamente country e fortemente ispirate, con melodie degne del miglior Johnny Cash. Un genere di musica che apprezzo particolarmente e che ovviamente in questo gioco ha trovato tutto lo spazio che meritava. E per chiudere, un grande plauso va anche ai doppiatori, mai banali o non all’altezza della parte. Il merito va anche a Rockstar Games che continua a perseverare nel mantenere la sola lingua inglese nei suoi giochi. Questo, se da un lato crea qualche problema a chi deve seguire minuziosamente ogni dialogo attraverso i sottotitoli, dall’altro non rischia mai di vedersi rovinato il proprio lavoro a causa di ri-doppiaggi maldestri dei propri prodotti. Una situazione che, ahimè, capita troppe volte nel mondo dei videogiochi.

L’unico punto in cui forse si può ritrovare maggiormente GTA è il gameplay. Infatti anche Red Dead Redeption II rimane un sand-box, dove la trama si sviluppa attraverso una serie di missioni in cui è il giocatore a definirne l’ordine di volta in volta. A queste si affiancano le immancabili missioni secondarie, raccolta di collezionabili e sfide di vario genere. Il personaggio subisce una progressiva evoluzione nel corso della trama che va a riflettersi su un’evoluzione dei 3 aspetti vitali di quest’ultimo: salute, agilità e Dead Eye. Quest’ultimo è la capacità per il giocatore di attivare una modalità al rallentatore, una modalità particolarmente utile nelle sparatorie più frenetiche. Ma il personaggio può ulteriormente crescere andando a migliorare il proprio arsenale presso gli armaioli presenti in ogni città o costruendone di propri. Altro aspetto fondamentale del gioco è il rapporto che viene a legarsi con il proprio cavallo. In generale, i cavalli in questo gioco sono estremamente curati. Lo si vede dal fatto che siano presenti decine di razze diverse, ognuna tipica di una regione specifica, e dal fatto che siano effettivamente diversi l’uno dall’altro nella cavalcata e nel combattimento. I cavalli posso essere comprati nelle stalle, catturati al lazo quando sono allo stato brado, rubati ai nemici o ricevuti in dono da altri personaggi. In qualunque caso l’importante sarà riuscire a costruire un legame con il proprio compagno, dandogli le giuste cure quando questi lo richiede e potenziandolo se necessario. Ultima caratteristica da annoverare è il grado di Onore che svilupperemo nel corso dell’avventura. A secondo delle nostre azioni e delle nostre scelte fatte durante il proseguo della storia e non il nostro livello di Onore cambierà. Più il livello sarà basso più sarà difficile muoversi tra la gente, dato che, se saremo disonesti, in qualunque città andremo rischieremo di trovarci la popolazione contro.

Ecco questo è, a grandi linee, Red Dead Redemption II. A grandi linee perché ho tralasciato tante piccole cose: c’è un sistema di caccia, pesca e raccolta di piante, la possibilità di partecipare a spettacoli ed eventi in città, giocare a poker e 5 dita, si arriva a conoscere una tribù indiana e si finisce anche in un’isola tropicale. Insomma è un vero e proprio mondo talmente vasto e vario che, se poi qualcuno ci mette un anno per completarlo, non è neanche così scandaloso 😁

E’ un gioco che merita tutta la tranquillità e l’attenzione del giocatore. Perché va gustato e apprezzato in ogni sua parte, anche negli infiniti titoli di coda: mezz’ora di non so quanti nomi che hanno contribuito, uno ad uno, alla buona riuscita di questo prodotto. Se avete una PS4, una Xbox One o, dal 5 novembre, un PC o un abbonamento a Google Stadia non lasciatevelo sfuggire.

Io, intanto, sto continuando a giocarlo di tanto in tanto tra il completamento dei collezionabili e delle sfide e, soprattutto, l’online. Avete presente il mondo descritto fin qui? Bene, sappiate ce n’è un secondo proprio nell’online. Ma questo, ve lo racconterò un’altra volta 😉

E voi, ci avete già giocato o state aspettando la sua uscita sulle nuove piattaforme? Quali sono le sensazioni che vi ha lasciato? Fatemelo sapere qui nei commenti.

Io vi ringrazio se siete riusciti a leggermi fin qui e spero di riuscire a farmi sentire più velocemente la prossima volta ma, su questo, sono fiducioso. Seguitemi pure sui social che trovate in alto per rimanere sempre aggiornati o per contattarmi.

Un saluto e…

Stay tuned!

2 pensieri riguardo “Red Dead Redemption II

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