Copperman

Hello world,

purtroppo non sono riuscito a scrivere prima questo articolo e ormai esce praticamente postumo rispetto al film. Ma, come ho sempre detto, le mie non sono recensioni bensì pensieri e sensazioni. E Copperman non è passato inosservato.

Per una volta, io e Fede siamo usciti dalla sala con opinioni diverse: a me ha lasciato qualche dubbio, per lei è stato un buon film che ha saputo emozionare.

Copperman è la storia di Anselmo, interpretato da Luca Argentero, un personaggio autistico che, tramite la sua immaginazione, cerca di affrontare le difficoltà della propria vita con un pizzico di magia. Fin da bambino si innamora di Titti, una sua compagna di classe, che non dimenticherà neanche dopo esser diventato adulto.

Vive con la madre e non ha mai conosciuto il padre perché, essendo un supereroe, è costretto a star lontano da casa per tanto tempo, o almeno questo è ciò che la madre gli racconta per giustificare questa assenza in casa. Ed così che il piccolo Anselmo matura una passione per i supereroi. Crescendo, questa sua passione lo porterà a convincersi che anche lui è un supereroe e che in quanto tale dovrebbe difendere i più deboli e la gente in difficoltà. Quindi, quando cala la notte, Anselmo si alza dal letto, indossa la sua armatura e si trasforma in Copperman.

E’ facilmente immaginabile che la sceneggiatura si presti a un dramma o al massimo a una tragicommedia. Ma, per me, è mancata la classica scena madre, quella che in film del genere ti fa scoppiare a piangere o per lo meno ti fa riflettere quei 5 minuti. In questo caso il dramma c’è ma si svolge un po’ troppo linearmente.

Inoltre nonostante possa essere considerato un mezzo film “di supereroi”, Copperman passerà alla storia sicuramente come il film del genere a più basso budget. Lo si vede dall’assenza quasi totale di effetti speciali, compensati però con delle bellissime trovate stilistiche e narrative, alcune delle quali divertenti e brillanti. Esempi sono la sua arma o il suo mezzo di trasporto, dei banalissimi pattini. Ma un’altra caratteristica che sicuramente è sintomo di un basso budget è la colonna sonora. Si tratta praticamente di un unico brano, neanche troppo ispirato, che viene ripetuto ad ogni scena vagamente trepidante. Peccato, soprattutto pensando che la colonna sonora sia stata curata da Andrea Guerra, di sicuro non il primo arrivato.

Insomma rispetto al più fortunato Lo chiamavano Jeeg Robot, pellicola ben più definita a livello tecnico e non solo, qui manca qualcosa. Resta una mia opinione personalissima, sia chiaro. Già solo Fede non ha trovato affatto tutti questi difetti: per lei è stato un film sufficientemente drammatico e con anche la famosa “scena toccante”. Mah 🤔

Ciò che sicuramente ho apprezzato è l’interpretazione sia di Argentero che della Truppo, perfettamente calati nelle rispettive parti. Un Argentero piuttosto inedito, nella parte di questo uomo autistico, regala espressioni di convincente innocenza. Un po’ meno piacevole il personaggio di Gianluca Gobbi,il padre di Titti. L’ho trovato decisamente troppo sopra le righe.

E’ comunque un film che consiglio di vedere a chi piace il cinema italiano e cerca una storia decisamente originale. Vola via in un’ora e mezza, tra sorrisi, tenerezza e qualche perplessità. Ormai nelle sale credo non si trovi più ma anche se lo trovaste, vi consiglierei di risparmiare quei soldi. Quando sarà disponibile in TV o su qualche piattaforma di streaming e avrete una serata libera, quella sarà l’occasione giusta per vederlo.

Scusate l’attesa ma tornerò presto, promesso. Ho una lunga lista di cose semi pronte da pubblicare e non vedo l’ora di poterlo fare.

Ora vi saluto e…

Stay tuned!

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